Trovate microplastiche anche negli animali che vivono negli abissi

PERSINO negli abissi, anche a undici chilometri di profondità nel mare, nei luoghi più remoti della Terra come la Fossa delle Marianne: creature e organismi hanno ingerito plastica, per colpa nostra. “E’ sorprendente e agghiacciante” dicono gli scienziati della Newcastle University che hanno condotto esami su centinaia di crostacei e organismi provenienti da alcuni dei punti marini più profondi, dal Giappone, nella fossa di  Izu-Bonin, ai fondali al largo di Perù e Cile sino alle Nuove Ebridi. Nello stomaco della maggior parte di tutti gli organismi analizzati sono state ritrovate fibre e materiale artificiale tra cui plastica, residui di tessuti, nylon, Pvc e Pva.

“Ci sono stati casi in cui le fibre potevano effettivamente essere viste nel contenuto dello stomaco mentre le stavamo rimuovendo” ha detto il dottor Alan Jamieson, professore di ecologia marina e responsabile della ricerca. In altri casi si tratta di microplastiche, comunque sempre presenti.

Chiaramente, ricordano i ricercatori, “i rifiuti gettati negli oceani finiscono per tornare a riva o affondare, non ci sono altre opzioni. Una volta che queste plastiche raggiungono il fondali si accumuleranno in quantità sempre maggiori”.

Questo problema “globale” ricorda Jamieson conta cifre sempre più spaventose, al di là delle immagini di paradisi caraibici che colpiscono subito l’attenzione il problema delle microplastiche, invisibili ma presenti, è qualcosa di drammatico. Ogni anno oltre otto milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani: si stima che nel 2050, nei nostri mari, ci sarà più plastica che pesce. “Sentivamo che dovevamo fare questo studio dato l’accesso unico che abbiamo ad alcuni dei luoghi più remoti della Terra e stiamo usando questi campioni per fare una dichiarazione toccante sul retaggio dell’umanità”.

Ad oggi è stimato che i nostri mari contengano circa 51 trilioni di particelle microplastiche e 600 specie in tutto il mondo siano fortemente danneggiate da questo inquinamento. Secondo i ricercatori i risultati delle analisi dimostrano che nessuna parte del mondo (in termini di oceani) “è immune dal problema dell’inquinamento. Tutto ciò è decisamente preoccupante”.

 

Fonte – www.repubblica.it

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